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La crisi dei videogiochi del 1983

Se hai già visitato altre sezioni del nostro sito o ti sei interessato al retrogaming sicuramente hai sentito parlare della famigerata 'Crisi dei videogiochi del 1983'

Negli anni precedenti a questa crisi, il mercato video ludico era decentrato quasi interamente negli Stati Uniti.
Tantissime compagnie ingolosite dalla crescente popolarità del settore hanno iniziato a mettersi in affari producendo console (al momento della crisi c’erano sul mercato 12 console), con relativi giochi, di pessima fattura che, però, hanno, seppur parzialmente, frazionato il mercato ma lo hanno anche svilito.
La competizione era altissima: essendo un periodo dove una semplice intuizione poteva fare la differenza e darti un vantaggio sui competitor, erano all’ordine del giorno:



  • Tentativi di strappare i migliori programmatori alle aziende dei competitor
  • Spionaggio industriale per carpire ed anticipare le scoperte
  • Hackeraggio delle console già prodotte che permetteva anche a chi non aveva il know-how di poter produrre una console copiandola dai competitor.

A questo clima di estrema competizione tra la console video ludiche, va aggiunta una nuova variante: L’home computer.

Questi erano apparecchi che, analogamente alle console, si collegavano alla televisione e, muniti di tastiera, ti permettevano allo stesso tempo di giocare ma anche di lanciare programmi: editor di testo, programmi di contabilità e tantissime altre applicazioni.
Questi home computer negli anni precedenti avevano dei prezzi molto alti che, però, con il tempo sono stati limati fino a dimezzarsi.
Uno dei più popolari dell’epoca fu il celebre Commodore 64: si trattava di una macchina certamente costosa (499$ dollari comparati ai 270$ dell’Atari 5200) ma che aveva molti punti di forza, se confrontata a una console: :

  • memoria, qualità grafica e qualità del sonoro migliori di qualsiasi altra console
  • giochi qualitativamente migliori
  • possibilità di lanciare, oltre ai giochi, anche altri programmi
  • giochi e programmi distribuiti in molteplici supporti come cassette (nastri audio) e floppy disk



A questo vanno aggiunti anche altri fattori che vedono Jack Tramiel, fondatore di Commodore (e futuro acquirente di Atari), come protagonista.
Tramiel, infatti mette in opera alcune mosse, principalmente di marketing, che contribuiscono a mettere in ginocchio i produttori di console:

  • propone una serie di pubblicità comparative per mostrare quanto migliori fossero gli stessi giochi lanciati su Commodore piuttosto che su
  • propone altre pubblicità che mettono in primo piano la formazione ed il futuro dei figli: ‘Perché comprare una console a tuo figlio distraendolo dalla scuola, quando potresti acquistare un home computer che lo preparerà all’università?
  • Commodore, pur di accaparrarsi nuovi clienti, inizia ad accettare permute di altre console con il suo Commodore 64
  • Tramiel taglia ulteriormente i prezzi portando il Commodore 64 a soli 400$ (contro i quasi 600$ del lancio)

La competizione con gli home computer e la scarsa qualità delle console e dei giochi che portava l’utente a pensare ‘su cosa starò buttando i miei soldi’ porta alla sfiducia della gente nei confronti delle console: sfiducia che scaturisce nella seconda metà del 1982 con due flop ravvicinati.
Flop#1 PACMAN: Pacman era uno dei titoli più popolari in sala giochi ed era amato da tutti.

Atari acquisì i diritti per la conversione e lo realizzò per la sua 2600 producendo anticipatamente 12 milioni di cartucce con Atari convinta che questo titolo avrebbe spinto anche la vendita della console stessa.
Pacman, in realtà, vendette parecchio: circa 7 milioni di cartucce sono state acquistate ma, per contro, 5 milioni di cartucce son rimaste invendute denotando un errore alla base della strategia di marketing Atari.
La problematica principale fu che la conversione del gioco non era all’altezza del suo omologo da sala giochi: le recensioni che evidenziavano una grafica che lasciava a desiderare tanto quanto la giocabilità, scoraggiarono il pubblico dall’acquisto ed indispettirono quelli che avevano già comprato il gioco aspettandosi una versione come quella arcade e conseguentemente chiedendo il rimborso.




FLOP #2 ET l’extraterrestre: Atari, leader del mercato, era già in perdita e quanto successo con Pacman mise la società in una situazione ancora peggiore.

In quell’anno nelle sale cinematografiche spopolava E.t L’extraterrestre: Atari pensò di cavalcare l’onda del successo di questo personaggio acquistando, per 25 milioni di dollari, la licenza per produrne un videogioco che la stessa Atari voleva commercializzare in tempo per renderlo un perfetto regalo di Natale!
La creazione fu affidata al programmatore Howard Scott Warshaw ma la scadenza era tutt’altro che accessibile: normalmente la produzione di un videogioco poteva richiedere fino a sei mesi di tempo mentre a lui furono concesse 5 settimane. Warshaw programmò senza sosta per quel periodo e, superando delle iniziali perplessità, ottenne il bene placet di Spielberg ed il gioco andò in produzione.
Quel videogioco, probabilmente non per colpe di Warshaw, fu etichettato come il gioco peggiore di tutti i tempi. Brutto, noioso e ripetitivo, fu massacrato dalla critica ed evitato dai compratori: di 5 milioni di copie prodotte ne furono vendute solo 1,5 ed anche in questo caso ci furono tante richieste di rimbroso.

Atari era a un passo dalla bancarotta: 536 milioni di perdite, 8,5 milioni di cartucce prodotte e rimaste invendute ma soprattutto la perdita della fiducia da parte dei suoi utenti che non volevano pagare, giustamente, per dei videogiochi scadenti.
Nei periodi successivi tanto i titoli, quanto alcune console, furono proposti dai negozianti a metà o a un terzo del loro prezzo per cercare di recuperare almeno i costi sostenuti ma ormai la bolla era scoppiata: gli stessi negozianti volevano restituire giochi e console (Atari e non) che non riuscivano a vendere peggiorando, di fatto, la situazione delle varie aziende.


Ci divertiamo ad immaginare che l’atto finale di questa vicenda fosse iniziato cosi.
In autunno del 1983, infatti, iniziarono a circolare voci secondo le quali più di 10 autoarticolati avessero rovesciato nella discarica di Alamogordo (Messico) ingente quantità di materiale Atari tra cui cartucce, console e pezzi vari. In un primo momento fu affermato che erano giochi della 2600 dismessi in favore di quelli della 5200, in secondo luogo fu detto che si trattava di cartucce difettose e la vicenda assunse tratti da leggenda metropolitana a cui molti non credevano.

L’epilogo della vicenda arriva nel 2014 quando, nell’ambito del documentario 'Atari:Game Over', la produzione ha ottenuto il permesso dalla città di Alamogordo per effettuare degli scavi alla ricerca di prove dell'eventuale sotterramento.
Furono effettuati mesi di studi interpellando lo staff della discarica, analizzando foto, cercando di circoscrivere delle zone dell'enorme discarica: il giorno degli scavi, con la presenza anche dello stesso Warshaw (programmatore di E.T.), riaffiorarono, a distanza di 31 anni, materiale cartaceo (libretti istruzioni, depliant ecc), componenti hardware e 792.000 cartucce di E.t, Pacman, Centipede e altri giochi. La leggenda metropolitana del sotterramento dei giochi, si rivelò reale.



La crisi dei videogiochi dell’83, di fatto, decentrò il mercato: la produzione, fino a quel momento quasi totalmente Americana, si spostò in Giappone dove un nuovo duello era alle porte.


Ultima revisione: 22/10/2024


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